venerdì 1 maggio 2015

Matteo Renzi sulla Legge elettorale

Cara democratica, caro democratico,
ti inviamo il testo della lettera che il segretario nazionale Matteo Renzi ha
inviato al direttore de La Stampa e che il quotidiano pubblica sull'edizione
odierna.

Un caro saluto.

la segreteria



Caro Direttore,
il dibattito sulla nuova legge elettorale è molto acceso. Credo che i toni
dipendano in larga parte da un giudizio duro e molto diviso sull'azione mia e
del governo che presiedo. Rispetto naturalmente ogni diversa valutazione. Ma
credo che sia un mio dovere tornare al merito della legge: la verità, vi prego,
sull'Italicum.

La verità, fuori dalla rappresentazione drammatica di chi grida all'attentato
alla democrazia. O di chi considera fascista la scelta di mettere la fiducia
sulla legge elettorale, ignorando che fu Alcide De Gasperi a farlo, affidandone
le ragioni in Parlamento all'arte oratoria di Aldo Moro: due grandi
democratici, due grandi antifascisti. La verità, solo la verità, sull'Italicum.

Questa legge elettorale prevede un ballottaggio come per i sindaci, anche se
la percentuale necessaria ad evitarlo scende al 40%. Attribuisce 340 deputati a
chi vince le elezioni, al primo o al secondo turno, consentendo dunque un
piccolo margine di sicurezza nell'attività parlamentare. Più o meno la metà
degli eletti sarà espressione di un collegio grande poco meno di una provincia
media e l'altra metà verrà eletta con preferenze: al massimo due, di cui una
donna. Per venire incontro alle richieste di minoranze e anche di alcuni
partiti di maggioranza, la soglia di sbarramento è stata abbassata al 3% (in
Germania per intenderci è al 5%).

Il premio viene attribuito alla lista vincente, non più alla coalizione: con
questo atteggiamento speriamo di arrivare a un compiuto bipolarismo. Il mio
sogno è che in Italia si sfidino due partiti sul modello americano, Democratici
e Repubblicani.
Ma in ogni caso, indipendentemente dai sogni, si impedisce di rifare le solite
ammucchiate elettorali chiamate coalizioni che il giorno dopo si sciolgono come
neve al sole: chi di noi ha votato l'Unione nel 2006 – una coalizione che
andava da Mastella e Dini a Bertinotti e Turigliatto – ne ricorda la tragica
fine. Ma analogo potrebbe essere il giudizio sull'esperienza della Casa delle
Libertà due anni dopo. Torneremo a vedere i candidati sul territorio; torneremo
a fare campagne elettorale tra persone sui collegi e non solo nei talk-show;
torneremo dopo anni a scegliere le persone e, finalmente, la sera stessa del
voto sapremo chi ha vinto.

Rottamato il cosiddetto Porcellum (perché l'ultima legge elettorale approvata
da chi oggi grida al fascismo è stata definita dal suo ideatore una «porcata»),
mandiamo in soffitta anche il desiderio strisciante di un neocentrismo
consociativo teso a mantenere per sempre il proporzionale puro uscito dalla
Corte Costituzionale, riservando ai gruppi dirigenti la scelta di governi
costanti di grande coalizione.

L'Italicum non sarà perfetto, come nessuna legge elettorale è perfetta. Ma è
una legge seria e rigorosa che consente all'Italia di avere stabilità e
rappresentanza, che cancella le liste bloccate, che impone la chiarezza dei
partiti davanti agli elettori. Soltanto uno potrà dire di aver vinto: non come
adesso quando, dopo i primi risultati, tutti affollano le telecamere per
cantare il proprio trionfo.

Abbiamo messo la fiducia perché dopo aver fatto dozzine di modifiche, aver
mediato, discusso, concertato, o si decide o si ritorna al punto di partenza.
Se un Parlamento decide, se un governo decide questa è democrazia, non
dittatura. Se il Parlamento rinvia, se il governo temporeggia, il rischio è l'
anarchia. È una grande lezione del miglior pensiero costituzionale di questo
Paese, non è necessario aver fatto la tesi su Calamandrei per saperlo.

La nuova legge elettorale è stata promessa nel 2006, ma purtroppo non si è
realizzata.

È stata promessa nella legislatura successiva e non portata a termine né
durante il governo Berlusconi, né durante il governo Monti: tante trattative e
poi nulla di fatto.

È stata promessa nella legislatura successiva dal governo Letta, ma il suo
iter si bloccò quasi subito, impantanata come altri progetti.

Adesso ci siamo: approvata in prima lettura alla Camera, in seconda al Senato,
poi in Commissione alla Camera. Discussa in Parlamento e nelle sedi dei
partiti. Approvata da Forza Italia nella stessa versione che oggi viene
contestata. Modificata più volte, ma adesso finalmente pronta.

Che facciamo? Facciamo altre modifiche per ripartire da capo?

La legge elettorale perfetta esiste solo nei sogni: decidiamo o continuiamo a
rimandare?

Mettere la fiducia è un gesto di serietà verso i cittadini.

Se non passa, il governo va a casa. Se c'è bisogno di un premier che faccia
melina, non sono la persona adatta. Se vogliono un temporeggiatore ne scelgano
un altro, io non sono della partita.

Se passa, significa che il Parlamento vuole continuare sulla strada delle
riforme. Per come li ho conosciuti la maggioranza dei deputati, la maggioranza
dei senatori hanno a cuore l'Italia di oggi e quella dei nostri figli. E se lo
riteniamo necessario ci sarà spazio al Senato per riequilibrare ancora la
riforma costituzionale facendo attenzione ai necessari pesi e contrappesi:
nessuna blindatura, nessuna forzatura.

Con lo scrutinio palese – imposto dal voto di fiducia – i cittadini sapranno.
Sapranno chi era a favore, chi era contro. Tutti si assumeranno le proprie
responsabilità. Il tempo della melina e del rinvio è finito. C'è un Paese che
chiede di essere accompagnato nel futuro, sui temi più importanti della vita
delle famiglie. Se non riusciamo a cambiare la legge elettorale dopo averlo
promesso ovunque, come potremo cambiare il Paese? La politica ha il compito di
dimostrare che può farcela, senza farsi sostituire dai governi tecnici e dalle
sentenze della Corte. Occorre coraggio, però. E questo è il tempo del coraggio.
Alla Camera il compito di decidere se è il nostro tempo. Ma a scrutinio palese,
senza voti segreti, assumendosi la propria responsabilità.

Matteo Renzi

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